Por: Selma Berrezouga
RADIODERVISH
Un pugliese e un palestinese, insieme, alla ricerca delle radici musicali del Mediterraneo. E' il progetto dei Radiodervish.
La differenza
culturale delle loro origini dà vita a canzoni che svelano varchi e passaggi
tra oriente ed occidente, le cui tracce sono i simboli e i miti delle culture
del Mediterraneo, luogo di confine che unifica nel momento stesso in cui
separa.
Nel loro quarto
disco, intitolato “In Search Of Simurgh” propongono, a mio avviso, qualcosa di
unico; una miscela sonora ispirata all'opera letteraria "Il Verbo Degli
Uccelli" (Mantiq al-Tayr) di uno dei più grandi mistici sufi, Farid al-din
'Attâr.
Farid al-din
'Attâr vissuto tra 1130 e il 1220 ca., è insieme a Sanâ’i (m. 1141) e Rûmî (m.
1273) uno dei più noti poeti mistici persiani, autore di una serie di poemi di
tipo allegorico in cui tipicamente si illustra la via spirituale dei sufi.
Nel più noto, “Il
verbo degli uccelli” (Mantiq al-Tayr), pluritradotto nelle lingue europee, egli
s’immagina che gli uccelli del mondo vengano un giorno a parlamento e decidano
di partire alla ricerca di Simurgh, il loro misterioso re, che si trova oltre
la montagna di Qâf ai confini del mondo. Loro guida in questo viaggio, che si
snoda attraverso sette valli, sarà l’upupa. Evidente, anche da questi pochi
cenni, l’impianto allegorico dell’opera: gli uccelli tipificano i discepoli
della confraternita sufi, Simurgh è il Dio nascosto e inaccessibile alla fede
dei dottori, l’upupa rimanda al maestro spirituale che nelle confraternite sufi
guida pazientemente i discepoli alla scoperta del divino attraverso varie
stazioni o dimore mistiche, qui rappresentate dalle sette valli.
In effetti, il
poema è costituito per due terzi da brevi dialoghi tra gli uccelli e la loro
severa guida, l’upupa appunto, che analizza le loro paure, denuncia i loro
sotterfugi, controbatte le loro obiezioni, smaschera trucchi e cavilli; insomma
esercita un vigile e razionale controllo sulle motivazioni che spingono gli
uccelli a intraprendere o sfuggire il viaggio. La sua funzione è di tipo per
così dire maieutico (Metodo d'insegnamento proprio di Socrate, basato sul
dialogo e sulla discussione; grazie ad esso l'allievo scopre gradatamente e
autonomamente la verità), infatti a un certo punto l’upupa sparisce e gli
uccelli dovranno proseguire da soli nelle fasi culminanti del viaggio fino
all’incontro con il loro re. Quel che ‘Attâr vuol significare con la sparizione
dell’upupa, la guida, è che l’elemento razionale, la vigilanza della ragione, a
un certo stadio del viaggio deve cedere il passo a un altro tipo di guida, a un
altro genere di intelligenza, che non risiede nella testa ma appunto nel cuore.
Il poema di ‘Attâr si potrebbe anche interpretare come una graduale scoperta da
parte degli uccelli della “intelligenza spirituale” che è connessa con il
cuore.
Scomponendo il
nome Simurgh in due parti: si-murgh, abbiamo due parole che in persiano
significano esattamente: “trenta-uccelli”, e trenta sono gli uccelli che,
culminato il viaggio, arrivano a Simurgh, il quale appare quindi come uno
specchio, infatti quello che scoprono i trenta uccelli è proprio che, guardando
Simurgh, vedono se stessi e guardando se stessi vedono Simurgh. Qui ‘At-târ
traduce attraverso questa immagine l’antica idea del microcosmo che riflette il
macrocosmo, o, come egli dice con altra bella immagine, l’idea che l’uomo “può
vedere il sole in un atomo” e ancora che l’uomo può cogliere l’immensità di Dio
nel suo piccolo cuore.
I dieci episodi
narrano attraverso le note suadenti dei Radiodervish le storie
dell'"Upupa", de "La Fenice" e di tutta la simbologia
mistica legata a queste immagini.
Buon ascolto…
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